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[1] Sto scrivendo al posto della persona che in precedenza aveva aperto una discussione intitolata “Ho visto qualcosa di strano”. Dato che la discussione originale è stata cancellata, ho pensato che forse qualcuno sulla bacheca originale fosse curioso di sapere cosa fosse successo dopo, e così ho deciso di aprire questa nuova discussione. Prima di tutto, vorrei precisare che io, l’autore di questa discussione, sono una persona diversa da chi ha aperto la discussione precedente. Riguardo al mio rapporto con quella persona, dopo aver aperto la discussione precedente, si era recato/a presso un tempio buddista e un santuario shintoista.
Un santuario shintoista (Jinja) è una struttura religiosa giapponese basata sulla fede Shinto, dove vengono venerate le divinità (Kami).
[1] Io sono il figlio del sacerdote (Kannushi) di quel santuario.
Un Kannushi è un sacerdote di un santuario shintoista. Celebra i riti Shinto e gestisce il santuario.
[1] Ho incontrato quella persona quando è venuta al nostro santuario per parlare con i membri dell’associazione dei cacciatori locali (Ryoyukai). Insieme a mio padre, che è il Kannushi, abbiamo ascoltato la sua storia dettagliata e da allora siamo rimasti in contatto diverse volte. Attualmente, la persona che ha aperto la discussione precedente non è in condizione di postare personalmente. Non sono propriamente un sostituto, ma scrivo qui per riportarvi gli sviluppi della vicenda.
- [4] Ah, si riferisce a quella storia.
[5] Non ho preparato un testo in anticipo, quindi mi scuso se la scrittura sarà lenta. Innanzitutto, il santuario della mia famiglia non è particolarmente grande o famoso nella prefettura di Ishikawa; è un santuario normale situato in montagna. Non è certo un luogo dove si raccolgono molte offerte, quindi è mantenuto principalmente con gli affitti dei parcheggi sui terreni tramandati di generazione in generazione. Nonostante sia un piccolo santuario, ha una storia antica e, a quanto pare, è piuttosto rispettabile. A proposito, mio padre e mio nonno sembrano avere la capacità di vedere esseri spirituali e di esorcizzarli, in una certa misura. Io mi limito a vederli. Per ora. (ride)
[6] D’ora in poi, mi riferirò alla persona che ha aperto la discussione precedente come “Signor A”, per evitare confusione. Credo fosse verso metà aprile quando il Signor A è venuto al nostro santuario. Il telefono di casa squillò verso le 13:00 e, circa dieci minuti dopo, il Signor A arrivò insieme a tre membri dell’associazione dei cacciatori. Mio padre doveva essere già stato informato a grandi linee della situazione, perché li accompagnò nella sala ricevimenti dell’ufficio del santuario (anche se “sala ricevimenti” è una parola grossa, ci sono solo due divani) e iniziò ad ascoltare la storia del Signor A e dei cacciatori. Dato che un giorno prenderò il posto di mio padre, cerco di essere coinvolto nel suo lavoro in qualche modo, rimanendo al suo fianco il più possibile. Anche quel giorno, mentre mio padre, il Signor A e i cacciatori parlavano seduti sui divani, io ascoltavo appoggiato al muro della stanza.
[7] A quanto pare, prima di venire al nostro santuario, il Signor A si era fermato in un tempio buddista con i cacciatori, e ci ha raccontato anche le storie sentite dal monaco di quel luogo. Essendo cresciuto sentendo storie di yokai, divinità delle montagne e simili, ero un po’ stufo di quel genere di racconti, ma ricordo di essermi sorpreso perché assomigliavano molto a una storia che mi aveva raccontato mio nonno tempo prima.
[11] Riassumendo brevemente la storia che mi raccontò mio nonno: molto tempo fa, esisteva un villaggio di “gente della montagna” (Yama no Tami) i cui abitanti avevano un aspetto diverso da quelli del villaggio a valle ed erano per questo perseguitati. Un bambino nato in quel villaggio aveva un aspetto deforme. La gente della montagna credette che fosse la reincarnazione di un dio e, per vendicarsi degli abitanti del villaggio a valle, lo fecero vivere in un piccolo santuario (Yashiro) sulla montagna per farlo diventare un dio.
Uno Yashiro è un piccolo edificio dedicato a una divinità Shinto. Può trovarsi all’interno del complesso di un santuario più grande o esistere indipendentemente.
[11] Si dice che quel bambino si sia fuso (a quanto pare, nel senso di un’unione fisica) con la divinità della montagna che originariamente abitava nello yashiro, e abbia iniziato a devastare il villaggio a valle. Pare avesse l’aspetto di un enorme bruco e distruggesse i raccolti schiacciandoli con il suo corpo. All’inizio devastò solo il villaggio a valle, ma gradualmente iniziò a colpire anche il villaggio della gente della montagna. Alla fine, furono gli stessi abitanti della montagna a confinarlo sulla montagna, impedendogli di scendere. Insomma, una di quelle vecchie storie che mi raccontavano da bambino per insegnarmi che la vendetta non porta a nulla di buono.
[15] Il Signor A se n’è andato dopo aver raccontato tutto, ma ci siamo scambiati i contatti (numero di cellulare e indirizzo email), e per una o due settimane siamo rimasti in contatto. Cose tipo “Come sta?” o “Come sta il cane?”. Col tempo, anch’io mi sono dimenticato della faccenda e ho vissuto normalmente fino a metà settembre. Ma a metà settembre, i cacciatori sono tornati. Questa volta, un escursionista aveva visto “quella cosa”. Qualcosa di grosso, simile a un bruco e coperto di pelo. Mio padre e mio nonno hanno ascoltato la loro storia, e in quel momento mi sono chiesto come stesse il Signor A, così gli ho mandato un’email. Dopo due giorni senza risposta, il terzo giorno, verso le 15:00, ho provato a chiamare. Ha risposto la madre del Signor A, dicendomi che era ricoverato in ospedale. Era caduto dalle scale verso metà maggio e da allora non aveva più ripreso conoscenza. Il cane, purtroppo, era morto a causa di un’infezione della ferita.
- [16] Davvero?
- [17] Il cane…
[19] Avevo pensato di contattare anche il campeggio, ma il loro sito web stranamente non si carica (forse è stato chiuso?) e non sono riuscito a trovare il numero di telefono, quindi la situazione è questa. Mio nonno dice che si tratta della stessa creatura della vecchia storia che mi aveva raccontato.